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A cura di Alberto e Anna

Guarda Kabésa: il battesimo pagano

Capo Verde, Ottobre 2007

Ci è stato concesso un raro privilegio. Siamo stati invitati ad assistere e a partecipare al Guarda Kabèsa di un bambino nato una ventina di giorni or sono. Proviamo a spiegare di che cosa si tratta.

Potremmo definirlo un battesimo in quanto del battesimo ha molto, nel rito, nelle preghiere e nell’aria di festa che circonda il bambino in questa occasione. Quattro i padrini, che reggono due normali candele accese e il bambino, e una officiante scelta tra le persone più stimate del quartiere (nel nostro caso è la madre del padre del bambino).Il piccolo viene asperso con acqua naturale e vengono recitate, leggermente modificate, alcune preghiere del rito cattolico (Padre Nostro, Credo). Viene poi scacciato Satana e il bambino viene dichiarato parte integrante della Società.

Bella la cerimonia. La definiremmo allegra. Gli invitati, tra cui noi, deambulano tra la casa, il cortile e le vie circostanti. Da grossi pentoloni vengono dispensati piatti di riso, legumi e, in misura minore, carne. Tutti mangiano, ridono e scherzano. Gente che non si vedeva da tempo (venuta anche dai paesi vicini) si incontra e si saluta calorosamente. La festa va avanti nella notte. Noi ignari delle consuetudini ci ritiriamo prima della mezzanotte.

Il giorno dopo decidiamo di approfondire la nostra conoscenza sulle radici di questa strana cerimonia e scopriamo che mai avremmo dovuto abbandonare il bambino prima dell’ora zero. È solo quella l’ora dopo la quale il bambino non corre più il rischio di essere “mangiato” dal “feticcio”.
Nella nostra ricerca scopriamo che, una volta, la cerimonia si svolgeva esattamente tra il sesto e il settimo giorno dalla nascita. Il bambino, sino ad allora, era guardato a vista e “protetto” mettendo grossi aghi piantati nel cuscino, forbici aperte, coltelli, e persino bottiglie rotte ai piedi del letto. Il tutto, oltre alla continua vigilanza, serviva ad impedire che il feticcio si appropriasse dell’anima del neonato e ne mangiasse il corpo.

Il termine dei sette giorni, una volta rispettato e ora non più, derivava probabilmente dal periodo di incubazione del tetano di cui morivano gran parte dei nascituri. Le scarse condizioni igieniche in cui avveniva il parto, l’abitudine a sigillare l’ombelico con l’argilla o con il tabacco, provocavano spesso la morte del bambino.

Oggi, difficilmente le donne partoriscono senza una assistenza ospedaliera o comunque qualificata. Ai giorni nostri, l’uso del “Guarda Kabésa” resiste e rimane saldo soprattutto in ambiente rurale e contadino. Se vogliamo trovargli un senso attuale, possiamo considerarlo la risposta legittima di un popolo, fiero delle proprie tradizioni, alla prepotenza del Clero che spesso rifiuta (o ritarda di anni) il battesimo dei figli di genitori non sposati con l’intento di far loro regolarizzare l’unione di fatto.

 

Aeroporto Internazionale di Boavista

(Lettera aperta al Presidente di “Ventaglio Viaggi")

Capo Verde, Agosto 2007

Era il novembre 2004 ed iniziavamo la nostra collaborazione con “O Ponto de Encontro” con un articolo sull’Aeroporto di Praia.  Il tempo è passato e il turismo a Capo Verde si è sviluppato sino a porre il Paese tra i primi posti nelle statistiche di quelli preferiti dal turismo occidentale. Qualcosa è cambiato in meglio con la recente introduzione di due battelli veloci per il collegamento delle isole, un’iniziativa privata a lungo ostacolata dai governanti. La TACV, la compagnia aerea di bandiera capoverdiana, è stata affidata ad una Compagnia Canadese che ne dovrà curare la ristrutturazione (o la cosmesi) in vista di un’alquanto problematica privatizzazione.

Alti e bassi, insomma. Un colpo al cerchio e un altro alla botte, nella miglior tradizione di questo Paese che va avanti a piccoli passi, alternando fallimenti e successi sempre in bilico tra Statalismo e Iniziativa Privata, tra Clientelismo e Libero Mercato.

Ma  parliamo dell’Aeroporto Internazionale di Boavista, pronto da mesi ma sempre in attesa dell’autorizzazione al primo volo. Molti operatori turistici dell’isola, primo fra tutti l’italiano Ventaglio (proprietario del maggior stabilimento alberghiero dell’isola), hanno puntato moltissimo sull’apertura di questa struttura. Dopo innumerevoli rinvii, dopo opinioni contrastanti su scadenze mai rispettate, è di questi giorni la notizia (Expresso das Ilhas) che il Presidente di Ventaglio ha inviato una decisa lettera di invito al Governo Capoverdiano affinché si impegni ad una data precisa per l’apertura dell’aeroporto, pena la chiusura del Boavista Resort e il licenziamento di duecentoventi dipendenti, a  partire  dal quattro settembre prossimo.

Caro Presidente, con un po’ di presunzione, ci permettiamo di indicarle noi una data. Non è una data precisa, non è ufficiale ma, tuttavia, si tratta di una indicazione praticamente certa. Si metta tranquillo (ha aspettato tanto) e abbia fiducia… L’aeroporto di Boavista aprirà certamente prima della fine dell’anno… Non sa che a gennaio ci sono le elezioni amministrative? Lo sa?

Allora dovrebbe esserle tutto chiaro. L’aeroporto aprirà, ne stia certo, prima di quelle elezioni! Può non piacerle questo sistema ma qui, glielo assicuriamo, bisogna conviverci. Dopo un po’ ci si fa l’abitudine. E’ una cosa che rientra nella normalità della vita quotidiana. Non si lasci quindi prendere dal nervosismo.

Ha fatto bene a minacciare (anche se, secondo noi, è abbastanza inutile), ma duecentoventi capoverdiani e le loro famiglie, glielo assicuriamo, non meritano di perdere il loro malpagato lavoro per i giochi di potere dei loro governanti.

 

Sal: Sviluppo e Denaro   

Capo Verde, giugno 2007

Prendiamo spunto da una e-mail che abbiamo ricevuto da una signora che si firma “uma salense que adora a sua ilha” in cui, veniamo, in modo abbastanza esplicito, accusati di considerare, nei nostri articoli, Sal poco interessante rispetto ad altre isole dell’arcipelago. La signora ha ragione. A nostro parere, Sal, paradiso dei turisti “all inclusive” e dei surfisti, è tra le isole meno interessanti dal punto di vista paesaggistico, umano e culturale. L’appunto ci ha tuttavia ricordato la necessità di offrire una panoramica esauriente dell’arcipelago e, in omaggio alla signora,  iniziamo, con questo articolo, da Sal.

Sal è la prima isola per lo sviluppo turistico di Capo Verde. Quando ci siamo arrivati per la prima volta, nel lontano 1991 aveva solo due alberghi e il piccolo paesino di Santa Maria era costituito da tre vie parallele, lungo il mare, fiancheggiate da basse case abitate principalmente da pescatori. Nell’estrema povertà, la popolazione, ci aveva accolto con un sorriso e, grazie alla disponibilità degli abitanti, avevamo passato un periodo meraviglioso in quest’isola, prima di inoltrarci nelle altre.

Dopo, il turismo ha scoperto quest’isola, che aveva il vantaggio di ospitare, da tempo, un aeroporto internazionale (costruito dagli Italiani negli anni venti). Un imprenditore bresciano ha aperto la strada, valorizzando le bellezze di un mare splendido e del clima meraviglioso.  Sulla scia dei turisti sono arrivati speculatori edilizi e pseudo-imprenditori di ogni genere.

Oggi, quindici anni dopo, Santa Maria è un cantiere a cielo aperto dove le costruzioni, a più piani, sorgono in  tempi brevissimi. Il flusso dei turisti si è diversificato e, accanto agli Italiani, ci sono rappresentanti di tutti i Paesi d’Europa. Gli alberghi a quattro, cinque stelle non si contano più, e costituiscono una cornice di cemento ad una spiaggia e ad un mare tuttora bellissimi e incontaminati. I ristoranti, i bar, le agenzie immobiliari hanno occupato tutti gli spazi disponibili delle antiche vie principali.

Il risultato è, in termini economici, senz’altro lusinghiero per gli investitori stranieri. Lo è meno per i Capoverdiani che, al massimo, sono utilizzati come manodopera sottopagata nelle numerose strutture turistiche. Prima di partire i turisti pagano, in euro, ad altri Europei il prezzo del loro “all inclusive”. Capo Verde non beneficia neppure del trasferimento di valuta estera. La colonizzazione economica è totale. La lingua meno parlata a Sal è il Creolo; i prezzi sono indicati in euro e non in escudos.

Anche la composizione sociale degli abitanti viene stravolta dal miraggio del guadagno facile. Dalle altre isole arrivano frotte di giovani alla ricerca di una opportunità lavorativa ma, anche quando riescono nell’intento, ben presto si accorgono che il loro misero stipendio non è sufficiente in quanto la vita a Sal costa quasi il doppio che nelle altre isole. Due le soluzioni: o ritornare a casa, lasciando il posto a nuovi arrivati e alimentando un turn-over insensato, o restare e aumentare il numero di chi vive o arrotonda di espedienti.

Sviluppo e denaro sono spesso, ingenuamente, considerati sinonimi o almeno conseguenti. Se vogliamo una ulteriore prova che così non è, è sufficiente osservare la realtà attuale e le prospettive future di Sal, l’isola più turistica di questo arcipelago.

 

Libertà e abuso di Stampa (Censura e auto-censura)

Capo Verde, maggio 2007

A Capo Verde non esistono quotidiani. Solo tre i settimanali:

- Horizonte: quasi un organo del Partito di Governo, il PAICV, completamente inquadrato nel dar notizie a senso unico: tutto va bene… l’economia va a gonfie vele… la gente è felice… abbiamo i migliori governanti del mondo…convegno su questo… tavola rotonda su quello… posa della prima pietra… inaugurazione … progetti che saranno realtà solo… “até breve”, ma che sono già descritti come qualcosa di reale.

- Expresso das Ilhas: quasi un organo del Partito di Opposizione, l’MPD, completamente e sempre contro tutto quello che il governo fa…  di giusto o di sbagliato. Titoli ad effetto…la corruzione è dovunque… il mondo diviso in due (o con noi o contro di noi)… nessuna esitazione ad attaccare gli avversari nella propria vita personale… illazioni e accuse gratuite… offese che in qualsiasi parte del mondo originerebbero sequele di querele e giudizi.

- In mezzo a questi due estremi c’è (o meglio c’è stato, per lungo tempo) un giornale che con professionalità e obbiettività ha mantenuto un equilibrio quasi perfetto, privilegiando la verità e dispensando meriti e critiche in maniera, spesso, esemplarmente obbiettiva. Si tratta di A Semana, il settimanale con maggior tiratura e più letto nell’arcipelago.

Questa era la situazione della Stampa Capoverdiana sino al 2004/ 2005 e il relatorio 2005 di RSF (Reporters sans Frontières) poneva Capo Verde al 29° posto della graduatoria dei Paesi secondo la Libertà di Stampa (Italia 42°; Brasile 63°).

Oggi (a marzo è stata pubblicata la classifica per il 2006), nello stesso relatorio RSF, Capo Verde occupa il 45° posto (Italia 40°; Brasile 75°). Il commento, che fa parte integrante della classifica, ha comunque rilevato che Capo Verde (come gli altri Paesi dell’Africa insulare in genere) ha una Stampa molto più libera degli altri Stati del Continente.

Il Primo ministro si è affrettato a dichiarare che la Stampa a Capo Verde è completamente libera e che tutto va nel migliore dei modi.  L’opposizione è insorta affermando esattamente il contrario. Cosa è cambiato nei rapporti Stampa/Politica per giustificare il peggioramento del giudizio di RSF?

Il Governo ha, da tempo, deciso di chiudere il giornale Horizonte in quanto, dice, non è altro che un doppione dell’Agenzia di Stampa Infopress. Probabilmente il giornale sarà ceduto a privati diventando un’ulteriore voce, presumibilmente libera, nel coro della stampa locale. Una buona notizia dunque, che dovrebbe migliorare il Rating di Capo Verde nella Stampa Mondiale.

Come mai allora, insistiamo, Capo Verde ha perso posizioni nella graduatoria di RSF? Secondo noi RSF, con una notevole sensibilità, si è accorto che la “rinuncia” del PAICV e del governo ad un organo come Horizonte è motivata solo da ragioni di costi e di opportunità e non da una scelta illuminata e democratica.

A Semana, dopo le elezioni di gennaio 2006  si è via via sempre di più avvicinata alle posizioni del Governo. Uno dopo l’altro i giornalisti hanno iniziato a praticare una specie di autocensura, diventando in breve un vero e proprio supporto dell’azione governativa, fino al punto di tacere tutto quello che poteva essere inteso come critica e disturbare il Potere in carica. In pratica il Governo ha giudicato senz’altro preferibile avere l’appoggio di un giornale “indipendente”, con tiratura e diffusione maggiore (e dunque in grado di esercitare un potere di persuasione più sottile e indiretto), piuttosto che mantenere un organo di stampa costoso, inefficace e poco credibile come era Horizonte.

Abbiamo sempre osservato come Capo Verde, Paese nato nel recente 1975, sia per noi uno specchio della Società dei Paesi più sviluppati. I fenomeni sociali, politici, e le lotte di potere sono gli stessi. Ma in questo piccolo Paese (con pochi abitanti e pochi giornali) sono più facilmente visibili.

 

La verità

Capo Verde, marzo 2007

Nella notte tra il quindici e il 16 Febbraio due turiste italiane sono state uccise a colpi di pietra su una spiaggia deserta dell’isola di Sal, a Capo Verde. Sapremo mai tutta la verità sulla morte delle due ragazze assassinate? Noi crediamo di no.

Il “delitto passionale”, termine con cui è stato, ben presto, classificato l’episodio fa comodo a molti, praticamente a tutti. Ogni altra verità potrebbe nuocere a qualcuno: al futuro e alla memoria, al ricordo delle ragazze o allo sviluppo turistico di Capo Verde. Meglio pertanto “accontentarsi” di quello che appare. Ci sono due giovani reo confessi, i cadaveri di due giovani ragazze, una superstite dopo una fuga (secondo noi troppo) rocambolesca. Tutto chiaro quindi, tutto risolto.

Ci permettiamo di andare alla ricerca di quelli che, secondo noi, sono i veri responsabili della vicenda e della sua macabra conclusione: tour operators, speculatori edilizi, turisti, governo e istituzioni di Capo Verde.

I tour operators, i costruttori e gli speculatori edilizi propagandano i Paesi del Terzo Mondo unicamente come Paradisi Tropicali dove tutto è facile, dove la vita è meravigliosa, dove il sole non manca mai e le spiagge sono interminabili distese di sabbia finissima. Omettono di dire che si tratta di Paesi poveri, spesso al limite dell’indigenza, e che, al di fuori dei villaggi e degli alberghi di lusso, esiste la miseria più assoluta. Omettono di dire ai compratori  che la casa che compreranno ed abiteranno a Capo Verde ha rubato lo spazio ad una baracca o ad una capanna, ad una porcilaia o ad un pollaio, ad un campo da calcio o all’unico orto irrigabile.

I turisti, quelli che prediligono la formula “all inclusive”, programmano la loro vacanza solo immediatamente prima della partenza. Le ferie sono in bilico sino all’ultimo momento, il tempo manca sempre, ma la necessità è quella di partire comunque, di “fare” (non usano il termine “visitare” o quello “conoscere”) un altro Paese: anche quest’anno porteranno a casa qualche migliaio di foto o di filmini insulsi, per la disperazione di parenti e amici. Vanno in agenzia e chiedono: “dove ci mandi quest’anno?” e vengono imbarcati su un aereo per Capo Verde. Scoprono a mala pena che Capo Verde è in Africa, ma non vanno oltre. La storia, l’economia,  la società e, soprattutto, la gente di quel Paese non interessa loro…

Quelli che investono e quelli che sognano un inverno al caldo a tutti i costi si fidano di agenzie immobiliari per lo più improvvisate, di altisonanti annunci sui giornali e in internet e comprano il loro angolo di paradiso senza mai essere stati a Capo Verde. Spesso, quando vengono a prendere possesso del loro acquisto e pretendono di abitarlo, scoprono che non c’è la luce, che manca l’acqua e che le fognature sono da completare. Risolvono il problema “all’occidentale”, rivolgendosi ad un avvocato che, scoprono poi, è lo stesso che cura gli interessi del venditore… Hanno poi, a volte, la sorpresa delle porcilaie (e del puzzo relativo), dei polli e delle capre che vivono liberi nel piazzale e nelle vie accanto. E protestano. Con la Polizia, con il venditore, coi giornali. Possibile che questo Paese sia così “incivile”, pensano, da privilegiare la carne fresca e ruspante a quella ipercontrollata e magari surgelata  dei supermercati?!

Alle istituzioni e al Governo di Capo Verde interessa unicamente lo “sviluppo” del Paese, uno sviluppo a tutti i costi. Senza controllo. Non si preoccupano di far funzionare adeguatamente le leggi e le istituzioni giudiziarie che pure esistono. L’ attenzione ai fenomeni di prevenzione e controllo della droga è scarsa e la tolleranza è assoluta per gli stranieri.

Capo Verde è veramente un Paese che ha tutti i mezzi, Leggi ed  Istituzioni, in grado di funzionare perfettamente. Basterebbe farli funzionare. La Polizia è efficiente e ha potere, ma lo usa solo con i poveri, con i piccoli delinquenti. Spesso si ferma, però, davanti al bianco, al ricco, al potente, in ossequio alla convinzione che non bisogna nuocere a chi è artefice dello  “sviluppo del Paese”.

Per finire e ritornando alla premessa, osserviamo come i responsabili della morte delle ragazze siano molti. Nessuno degli attori che abbiamo nominato è un responsabile diretto, ma tutti, proprio tutti, hanno contribuito a creare un “contatto di civiltà” che, non adeguatamente preparato, è diventato un “contrasto” di civiltà.

Quando gente ricca arriva in un ambiente disastrato ed ostenta la sua ricchezza, ciò non può che suscitare “legittime” invidie. I soldi, la droga, le diverse disponibilità e gli stili di vita differenti non possono che costituire un detonatore per una miscela esplosiva.

Poi, possono pure incarcerare a vita due ragazzi, poco più che ventenni, rei confessi, che “hanno premuto il grilletto”….Ma chi ha costruito la pistola?  Chi l’ha data loro?

 

Una bella storia (cooperazione diretta)

Capo Verde, febbraio 2007

È l’aprile del 2001 quando Alberto, neo pensionato e la moglie Anna lasciano l’Italia per quello che sarà un lungo periodo di vita all’estero. L’idea è semplice. Dopo anni di viaggi, effettuati solo nel tempo annualmente lasciato libero dal lavoro, hanno deciso di dare un’occhiata al mondo più da vicino e, poiché sono affascinati da quello che è comunemente chiamato “terzo mondo”, tenteranno di aiutare, secondo le loro possibilità, qualcuno più sfortunato di loro.

La scelta cade su Capo Verde e, immediatamente, appare loro evidente che lo sviluppo di questo Paese passa per l’opzione turistica. Se ne sono già accorti gli imprenditori italiani che, in breve tempo, hanno cementificato le due isole di Sal e Boavista con grandi complessi turistici che nulla (o quasi) hanno portato all’economia locale (il turismo “all inclusive” è fatto da stranieri che pagano all’estero, in moneta straniera, ad operatori stranieri. Nulla di questo tipo di transazioni passa per Capo Verde). Alberto e Anna decidono di percorrere una strada diversa e si inventano il Sito Internet www.cvfaidate.com per aiutare, gratuitamente, turisti e viaggiatori a visitare Capo Verde in maniera autonoma appoggiandosi a piccole strutture locali e famigliari…

Il successo è immediato, numerose sono le richieste di informazioni che vengono loro rivolte, e il Sito, anche grazie all’apporto di informazioni degli stessi viaggiatori, diventa in breve la massima referenza per viaggiare a Capo Verde che si possa trovare su internet. Passa il tempo e i due lo occupano con un lavoro di cui, inizialmente, sottovalutano la difficoltà: un vocabolario di Italiano-Kriolu (la lingua locale). Andrà in linea, sullo stesso Sito Internet, http://www.cvfaidate.com/azdizionario.htm, nel gennaio 2005.

Giusto in tempo per permettere ad Alberto e Anna di iniziare un’altra bella avventura, quella che chiamano, da subito,  una “Cooperativa all’incontrario” (prima l’attività e poi i soci). Mettendo a frutto le loro conoscenze e la loro passione per l’arte culinaria, aprono, nell’aprile 2005, un ristorante che, da subito, si propone di coniugare la cucina tradizionale italiana con gli ingredienti e le ricette tradizionali  capoverdiane, ormai praticamente introvabili nei ristoranti locali. L'attività è, inizialmente, gestita da tre soci: la coppia italiana e Isa, una ragazza capoverdiana di ventisei anni, che ha creduto nelle loro idee e che diventerà, in breve, completamente autonoma sia in cucina che tra i tavoli. L’iniziativa non ha alcun scopo di lucro. L’idea è unicamente quella di creare un futuro per qualcuno che altrimenti non ne avrebbe.

Mentre il lavoro aumenta e, con gli incassi, viene completata l’attrezzatura, vengono, gradualmente, coinvolte altre tre ragazze poco più che ventenni. Con lo “staff” al completo, si tratta ormai solo di lavorare assieme e di trasferire loro le conoscenze.

Passa il tempo e Anna e Alberto, che ormai hanno trovato quattro nuove figlie, diventano, ogni giorno, sempre più inutili. Le ragazze sono completamente autonome ed  intercambiabili sia in cucina che tra i tavoli. Si occupano della spesa, dei conti, della contabilità. Usano Excel e Internet.

L’ultimo capitolo della storia data 30 settembre 2006  quando avviene il passaggio delle quote, a titolo gratuito, alle quattro ragazze. Il Capitale Sociale è, da quella data, così composto:
Isa (Amministratrice Unica) 20%; Gracinha 20%; Neusa 20%; Neida 20%; Anna 20%
Le prime quattro sono le reali proprietarie dell'attività e si occuperanno della sua gestione lavorandoci a tempo pieno. La quota minoritaria mantenuta da Anna avrà la sua destinazione definitiva tra un anno. Potrà servire per coinvolgere un altro socio/a o verrà suddivisa tra quelle esistenti.Anna e Alberto rimarranno a Capo Verde, almeno sino ad ottobre, unicamente per dare loro qualche consiglio, quando e se verrà loro richiesto.

Se è vero che ogni bella storia ha bisogno di una morale questa non ne ha alcuna. Potrebbe, però, essere la dimostrazione che, con un po’ di buona volontà, investendo un po’ in tempo e molto meno in denaro, è possibile fare qualcosa per gli altri senza utilizzare il sistema dell’”obolo liberatorio della coscienza” che è, sempre, di dubbia destinazione.

 

A&A (mail: [email protected])

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