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A cura di Alberto e Anna

Rifiuti

Capo Verde, dicembre 2006

São PedroNon è un mistero per nessuno che il terzo mondo sia considerato la pattumiera degli Stati più sviluppati del mondo. Gli ultimi fatti, i più eclatanti, ci hanno presentato l'immagine della portaerei Clemenceau in rotta verso l'India per essere smantellata. Solo il sollevamento dell'opinione pubblica francese e delle associazioni ambientaliste che hanno denunciato la quantità di amianto contenuta nella nave sono riuscite a provocare la reazione del Governo indiano che ha bloccato la portaerei fuori dalle acque territoriali. Solo l'intervento di Chirac ha evitato che l'evento prendesse una notorietà lesiva dell'immagine francese.

Altro evento di una gravità inaudita è quello dei rifiuti tossici scaricati da una nave, affittata per lo scopo, nelle discariche a cielo aperto di Abidjan (Costa d'Avorio). Il bel gesto ha causato dieci morti e oltre duecento intossicati che hanno dovuto ricorrere alle cure mediche. Fatti gravissimi, punte di iceberg di chissà quali dimensioni, che, quando scoperti, riempiono le pagine dei giornali e scuotono (o dovrebbero scuotere) l'opinione pubblica.

Sfugge invece ad ogni statistica, ad ogni conoscenza di massa, ad ogni analisi economica e sociale il movimento tra il mondo civilizzato e il terzo mondo di un altro tipo di rifiuti: i rifiuti umani. Ogni anno migliaia di individui che il nostro mondo occidentale rigetta: falliti, avventurieri, pedofili, o semplicemente commercialmente o finanziariamente inutili o incapaci, approdano nel terzo mondo convinti di "rifarsi una vita" o di poter vivere "fuori dalle regole civili".

Capo Verde non fa eccezione e, senza naturalmente generalizzare, accoglie a getto continuo: costruttori che non hanno mai costruito niente, imprenditori senza capitali perché falliti in Patria, immobiliaristi e albergatori senza nessuna esperienza nel settore, ristoratori che non hanno mai cucinato neppure un uovo fritto. Sino a questo punto siamo nei limiti della incoscienza, della presunzione supportata dal razzismo, dalla convinzione che la superiorità di "essere bianco" possa baipassare la conoscenza e l'esperienza. Siamo di fronte a situazioni penose che, quasi sempre, terminano in un insuccesso stante l'incapacità di tale tipo di soggetti di avere un minimo di contatto con la società del luogo. La vita di questi avventurieri diventa difficile, insostenibile. Se hanno con loro la famiglia, questa si sfascia. Sono pronti per un'altra avventura, questa volta più distante (il Brasile?) e per un nuovo fallimento.

Diverso e più grave è il problema di altri rifiuti umani: quelli che il mondo occidentale non vuole, nonostante li abbia in qualche modo generati. Parliamo di chi viene a Capo Verde non per rifarsi una vita (magari alle spalle degli altri) ma perché questo Paese gli permette, pensano, di vivere fuori dalle regole della società civile.

Di solito (ma non sempre - le due categorie spesso si compenetrano) si tratta di benestanti, di pensionati, di gente dai proventi dubbi. Vivono una vita di ozio associandosi in piccole comunità, completamente al di fuori del contesto locale, parlando di ragazzine, di trenta/ quaranta anni più giovani di loro, conquistate a colpi di Viagra e di euro. Il pedofilo sta più in disparte ma non molto. Tutti sanno ma nessuno parla. Solo quando, raramente, assurge agli onori della cronaca, solo allora si scopre che tutti sapevano ma nessuno ha parlato in nome di una solidarietà di classe o, meglio, di razza.

La cocaina è invece un fenomeno recente, abbastanza nuovo, derivato dall'insoddisfazione, dalle aspettative non verificatesi, dalla delusione del Paradiso Terrestre non trovato, e abbraccia ormai una buona parte della nostra Comunità Estera.

Questi i problemi. La soluzione? Piuttosto semplice, almeno sulla carta. Capo Verde ha un clima meraviglioso, una democrazia quasi funzionante, non ha tensioni di tipo sociale e religioso, è un Paese ideale in cui vivere. Non lasciamolo in mano ad avventurieri. Esiste in Italia (ed in Europa in genere) una moltitudine di persone oneste che sono ormai, in relazione all'età, completamente inutili al sistema produttivo. Sono persone che, probabilmente, potrebbero vivere a Capo Verde con i soldi che annualmente spendono per riscaldamento e condominio.

Ci sono anche giovani, con istruzione e competenze, desiderosi semplicemente di fare nuove esperienze e di contribuire allo sviluppo di un Paese meraviglioso. A loro rivolgiamo questo invito. Venite a vedere questo Paese. Non lasciamolo in mano a gente senza scrupoli. Dimostriamo agli abitanti di Capo Verde che anche noi abbiamo qualcosa di buono da esportare e non solo rifiuti!

P.S. Trattandosi, il nostro, di un articolo che esprime giudizi abbastanza pesanti, ci preme precisare che non è assolutamente nostra intenzione generalizzare ma solo evidenziare un problema che sta assumendo dimensioni preoccupanti.

 

Morire di mal di pancia

Capo Verde, novembre 2006

Non è giusto morire “di mal di pancia” a diciassette anni. Viviamo in un paese che ha una sanità che viene definita all’avanguardia per quanto riguarda i cliché africani eppure, a Capo Verde, si muore di mal di pancia. Il ragazzo viveva proprio di fronte a noi, con la famiglia. Accusando dolori all’addome è stato ricoverato all’ospedale di Praia che si trova a dodici chilometri. Il giorno dopo è morto.

Ignoriamo cosa ci sarà scritto sul referto. Capo Verde non dispone di Medicina Legale per effettuare una autopsia. È morto, aveva dolori all’addome, ed ora non è più di questo mondo. La gente, i famigliari, gli amici, tutto il villaggio organizzano la veglia, i pianti, il cibo per accogliere chi si presenta per porgere le condoglianze. Lo ricorderanno con una messa tra una settimana, tra un mese, tra sei mesi e il prossimo anno. Le donne della sua famiglia vestiranno di nero per altrettanto tempo, a seconda della prossimità dei legami famigliari.

Cambiamo isola. Passiamo da Santiago a Fogo. Da anni esiste, sull’isola del Vulcano, una struttura ospedaliera costruita dalla Cooperazione Italiana con grande dispendio di mezzi. Allo stato attuale serve, soprattutto, come luogo di vacanza di dottori specialisti che vengono a passare quindici giorni di ferie contrabbandandole per aiuto umanitario. Uno specialista a turno. Poco importa che l’ospedale non abbia l’attrezzatura specifica per quella specialità e ne abbia, invece, altre. I medici (i più seri e critici) lamentano che nella struttura non si presenti la popolazione ma solo qualche politico o cittadino abbiente (o residente straniero) per interventi programmati.

Se chiederete alla popolazione perché non approfitta della presenza di un dentista specialista vi risponderà che non ha senso spendere venti euro (quattro giorni di salario) per l’estirpazione di un dente che può essere ottenuta gratuitamente nel dispensario pubblico.

Chiedersi perché quella struttura sia stata fatta a Fogo (meno di quarantamila abitanti) e non a Santiago (duecentoquarantamila) serve a poco. Ancora a meno serve chiedersi perché nessuno pensi di dotare Capo Verde di un elicottero per i casi di emergenza. Programmare la presenza di equipe medica specialistica negli ospedali esistenti? Mettere proficuamente i nostri dottori a diretto contatto con una realtà sconosciuta? Servirebbe? Forse sì.

Sostenibile

Capo Verde, ottobre 2006

“Sustentável (sostenibile)”. È la parola d’ordine usata (e abusata) dalla totalità dei politici capoverdiani, sia di governo che di opposizione. Assieme alla cerimonia della “posa della prima pietra”, che a noi ricorda altri tempi, la parola  “sustentável” ricorre in ogni occasione. Sulla stampa, alla televisione, alla radio, nei discorsi della gente che vuole dimostrare una cultura ed un’informazione che spesso non ha. Sustentável può essere, a volte,  l’economia, il rapporto bilaterale con un altro Paese, un’opera pubblica o altro ma, sempre, deve essere “lo Sviluppo”! Lo Sviluppo, scrivendone, parlandone, discutendone, a Capo Verde lo troverete sempre nella forma “Desenvolvimento Sustentável”. La locuzione viene usata anche con riferimento all’attuale tipo di Sviluppo che conosce il Paese e che noi chiameremmo semplicemente, e più sinceramente, ” una selvaggia speculazione turistico-edilizio-commerciale, soprattutto straniera”

Erano i primi anni 90 quando un lungimirante imprenditore bresciano ed un paio di operatori portoghesi iniziarono ad investire a Capo Verde costruendo strutture e villaggi turistici nell’isola di Sal. Chi come me è arrivato, per la prima volta, a Sal in quel periodo ricorda che S.Maria aveva un solo albergo e che la cittadina aveva un fatiscente aspetto sonnolento.
Oggi è tutto cambiato. Gli alberghi sono tantissimi e nascono ad un ritmo che è addirittura difficile contarli. Le seconde case continuano ad essere costruite numerose e in tempi brevissimi. Ripassare da S.Maria, a distanza di un anno o due, vuol dire non riconoscerla più. Sino a poco più di un anno fa quasi tutta l’attività turistica ed edilizia era in mano italiana, per cui a Sal si parlava più Italiano che Kriolu e l’euro era moneta corrente. Oggi nulla è cambiato ma nuovi investimenti spagnoli, irlandesi e, addirittura,  capoverdiani potrebbero, tra breve, rendere un po’ più eterogenea l’occasionale popolazione.

Boavista sta velocemente incamminandosi sulla strada di Sal. Per anni ha ospitato casuali, o illuminati, piccoli costruttori. Poi, la notizia che sarebbe stato aperto un aeroporto internazionale sull’isola e la realizzazione di un grosso Resort  (italiano – il più grande resort dell’Africa Occidentale, recita la pubblicità) ha dato il via alla speculazione più selvaggia ed, in breve, ad un flusso improvvisato di numerossimi italiani alla ricerca della loro piccola fetta di fortuna. In oggi, l’aeroporto non è ancora aperto e probabilmente non lo sarà per molti mesi ancora ma la psicosi di massa non si arresta. Gli imprenditori italiani (pochi) e gli pseudo- imprenditori d’assalto (molti) continuano ad arrivare. In qualche anno di quella che fu (ed è), forse,  la più bella isola dell’arcipelago rimarrà veramente poco. Recentemente anche le fatiscenti baracche in cui vivevano gli operai impiegati nell’edilizia (emigrati in gran parte dalle altre isole) sono state rase al suolo. Nuocevano all’immagine idilliaca che il turista deve avere nei brevi periodi in cui riesce a mettere il naso fuori da resort ed alberghi.

Secondo noi Maio non avrà lo stesso sviluppo. Anche là sono arrivati i costruttori italiani e (con notevoli eccezioni) gli italiani che la abitano in pianta stabile vivono, volontariamente, in un ghetto intellettuale e sociale che li porta ad evitare ogni stabile contatto con la popolazione. Ma, poiché l’isola è piccola e ci sembra inverosimile che vi si progetti un quinto aeroporto internazionale, Maio rimarrà un’isola di seconde case disabitate per undici mesi all’anno ed affittate saltuariamente a qualche turista di passaggio.

Il quarto aeroporto internazionale, dopo Sal e Praia già funzionanti e Boavista,  invece,  sorgerà a S.Vicente. Ed anche là la nuova speculazione edilizia è andata ad affiancarsi a quella dei pochi e grandi alberghi già esistenti. Ne fanno parte gli immancabili italiani, qualche società inglese e, incredibilmente, anche una società araba di Dubai che investirà 500 milioni di euro nella costruzione di un progetto “Cesaria Resort” su un’area di 1300 ettari.

Il quadro è desolante; molti Capoverdiani lo trovano esaltante. Ma dove lo Sviluppo trova il suo massimo grado di “sostenibilità” è Santiago, l’isola che ospita la Capitale: Praia. Si tratta senz’altro, oltre che dell’isola più grande, anche della più varia. Poche sono le spiagge di sabbia dorata ma la diversità dei paesaggi ne fa una destinazione di prim’ordine per un turista interessato a vedere il vero Capo Verde. Ai margini della più bella spiaggia (S.Francisco) dell’isola  sono gli inglesi che hanno costruito un  villaggio turistico ed una serie di costruzioni ben ambientate. Nei pressi di Cidade Velha (l’antica Capitale, praticamente l’unico luogo storico di Capo Verde) stanno sorgendo strutture private costruite direttamente sul mare in barba ad ogni distanza di rispetto, peraltro prevista dalla legge capoverdiana.

Ma è a Praia che avremo la prova ultima e definitiva  di ciò che vuol dire “sustentável” nel vocabolario dei politici capoverdiani. Davanti al porto sorge un minuscolo isolotto, l’Ilheu di Santa Maria, su cui David Chow, impresario cinese di Macao e Console Onorario di Capo Verde in quel Paese, costruirà un albergo di lusso e un Casinò. Il progetto, che prevede lo stanziamento di circa 100 milioni di dollari, trasformerà completamente anche il litorale antistante creando un ambiente accogliente, affiancato da strutture di alto livello. Probabilmente in queste strutture i capoverdiani non avranno accesso (succede già cosi in altre) ma porteranno sicuramente una clientela facoltosa permettendo gioco d’azzardo,  riciclo di denaro sporco, prostituzione ed altre speculazioni edilizie sul litorale.

Qualcuno si è azzardato ad osservare che l’Ilheu di S.Maria, in base ad una legge del ’90 e ad una del 2003, è  classificato come Riserva Naturale e quindi inalienabile. Nessun problema: il 19 di maggio 2006 il Consiglio dei Ministri ha “declassificato” l’isolotto da Riserva Naturale e il progetto di Chow è diventato improvvisamente e immediatamente possibile. Qualcuno, dai mass media dell’opposizione, fa osservare che, anche se non è più Riserva Naturale, l’ilheu è sempre Area Protetta ma nessuno si fa più illusioni. Ormai il progetto è diventato “sustentável!!     

 

L'illusione del Microcredito

Capo Verde, luglio 2006

Decisamente bella l'idea. Potremmo enunciarla così: "fornire una piccola quantità di denaro alla gente che, in quanto povera e priva di garanzie patrimoniali, non può avere accesso al tradizionale sistema bancario". Questi soldi permetteranno ai beneficiari di creare o incrementare un'attività economica, di sostenersi e di sostenere la propria famiglia e di rimborsare agevolmente il prestito ricevuto. Pare una favola vero? Una bella favola a lieto fine. Ci abbiamo creduto (o abbiamo fatto finta di crederci) per anni, sino a quando, vivendo in un mondo differente da quello in cui siamo nati, abbiamo deciso di approfondire l'argomento.

L'occasione è capitata leggendo una rivista capoverdiana che tratta ampiamente dell'argomento e che, dopo aver riferito che, nel 1998, l'ONU ha dichiarato il 2005 Anno Internazionale del Microcredito, dà notizia di un convegno tenuto a Praia con la partecipazione delle Associazioni Capoverdiane che operano nell'area della Micro-Finanza. Dopo le felicitazioni d'obbligo (il "quanto siamo bravi", per intenderci) vengono elencati un certo numero di dati tra cui spicca: "i tassi di interesse praticati vanno dal 10% al 36% annuo".

Pensiamo immediatamente ad un errore e decidiamo di approfondire. Non è così. I dati sono esatti per Capo Verde mentre altrove, nel mondo, si toccano punte del 54% annuo. ONG che praticano l'usura?

La spiegazione è più semplice ed, enunciata secondo il linguaggio e i canoni del libero mercato, recita più o meno così: "chi pratica Microcredito deve rendere la propria attività autosostenibile, quindi le perdite presunte dovranno essere compensate da elevati interessi" e ancora "non bisogna confondere la pratica del Microcredito con altre attività benefiche a fondo perduto".

Opinabile ma, anche in questo caso, come in altri, nessuno ha pensato di dare un'occhiata agli stipendi dei funzionari delle ONG che il Microcredito offrono. In questo caso a nessuno è venuto in mente (regola aurea del mondo capitalista) che a una diminuzione dei profitti si può opporre una riduzione dei costi fissi come quelli del personale. Inoltre, come qualcuno ha osservato, non sarebbe eticamente e ragionevolmente proponibile che il capitale venisse rimborsato per intero ma che degli interessi si facesse carico l'ONG (e di riflesso il mondo ricco e benefattore)?

Ancora una volta qualcosa non quadra nei meccanismi della Cooperazione. Ancora una volta ci chiediamo sino a che punto ci sia impreparazione e sino a che punto ci sia malafede.

Ci piace finire quest'articolo citando la storia di Adelina che ha ricevuto 25000 escudos (meno di 250 euro) per incrementare la sua vendita di banane e mele nel mercato di Praia. Grazie a questo finanziamento, riferisce il giornale, è riuscita non solo a incrementare la propria attività ma ad impiantarne una nuova di vendita ambulante di biancheria e prodotti d'igiene.

Come finirà la favola di Adelina? Noi, una volta esperti del settore (è stato il nostro lavoro per decenni), sappiamo che il ricarico sui prodotti deve essere almeno superiore agli oneri finanziari. In parole povere, il guadagno di Adelina deve superare gli interessi che paga. Nel caso di Adelina, comprando frutta al minuto e articoli dai cinesi, il ricarico non arriva a coprire gli interessi. Adelina (speriamo di sbagliare) non potrà rimborsare il prestito. L'ONG subirà una nuova perdita che compenserà immediatamente aumentando gli interessi sui prestiti a venire.

Intanto il funzionario dell'ONG avrà avuto un piccolo aumento che lo compenserà dell'inflazione e viaggerà per il Paese con un fuoristrada di ultima generazione (avete mai visto autoveicoli vetusti in dotazione alla Cooperazione Internazionale?). E la vita continua…

xxx Per approfondire il tema:
http://unimondo.oneworld.net/article/view/62693/1/4599
http://www.terrelibere.it/counter.php?riga=99&file=microcredito.htm

 

Branku - Bianco

Capo Verde, giugno 2006

Dopo cinque anni che viviamo a Capo Verde ci permettiamo qualche considerazione sull'argomento. Pensavamo, dopo decenni di viaggi, in giro per il mondo di essere ormai riusciti a comprendere e, in qualche maniera, ad esorcizzare un fenomeno che, prendendo a pretesto il colore della pelle, provoca disuguaglianza e incomprensione tra gente di origine diversa. Dovevamo invece capitare in questa terra, disabitata sino alla fine del quindicesimo secolo, per fare chiarezza.

Capo Verde quando venne scoperta (intorno al 1460) era disabitata. La popolazione che vi si insediò successivamente fu il prodotto diretto di quella nefandezza che è stata la tratta degli schiavi. Ma di tale fenomeno, che ha segnato l'umanità in maniera più profonda di quanto normalmente si pensi, non ci occuperemo in questa sede. Ci basterà segnalare invece che la popolazione di Capo Verde è il prodotto della mescolanza di origini diverse: africane ed europee, bianchi e neri, portoghesi, genovesi , mandinga, jalofos, wolof e altri.

La schiavitù prima e la colonizzazione dopo, hanno creato il terreno fertile per questo amalgama e per la nascita di una nuova lingua ma, soprattutto, di un Uomo Nuovo: il Kriolu. Una mistura felice. Una soluzione casuale che avrebbe dovuto permettere di andar, d'un balzo, oltre ogni barriera razziale.

Purtroppo così non è stato. Oggi, a Capo Verde la parola "Branku" definisce non solo il bianco di pelle ma, anche , il Capoverdiano ricco. In un paese dove esiste gente con la pelle di tutte le sfumature, dal nero all'albino, il Colore ha smesso di essere tale per diventare una Definizione Economica e Sociale. Quindi Bianco è bello, Bianco è ricco, Bianco è intelligente, Bianco è istruito, il Bianco sa. E la conseguenza è un timore (spesso confuso per rispetto), una subalternità che il popolo capoverdiano nutre nei confronti del "Branku" in quanto tale. La popolazione, quella che parla solo Kriolu, mentre la lingua ufficiale è il Portoghese, sogna di poter un giorno acquisire quello status che gli permetterà, al di la del colore della pelle, di avere un benessere superiore, che gli consentirà di staccarsi dalla massa.

Basta osservare i politici, il loro comportamento, le campagne elettorali condotte, come se fossero cantanti o artisti di fama, con dispendio di somme incredibili per un Paese che vive nell'indigenza. Spesso abbiamo constatato come, a Capo Verde, gli elettori non eleggano i loro rappresentanti ma i loro "padroni". Basta osservare la spocchiosità e la frequenza con cui circolano auto fuoristrada costosissime. Basta osservare gli emigrati quando ritornano periodicamente in Patria.

Senza voler generalizzare, spesso parlano e trattano i loro compatrioti, i loro famigliari, con la sufficienza di chi di questo mondo sottosviluppato non vuol più fare parte. Le accuse di ignavia, incapacità, mancanza di iniziativa, si sprecano. Non c'è molta differenza dagli apprezzamenti dei novelli imprenditori bianchi ed europei che hanno invaso questo Paese alla ricerca di nuovi affari e di sfruttamento di mano d'opera a basso costo.

E il Capoverdiano si accontenta di sopravvivere. Prima schiavo, poi colonizzato da una dittatura che gli ha imposto privazioni maggiori forse della schiavitù ed oggi in balia di un potere ben più forte e crudele: quello economico. Ad esercitare questo nuovo potere, in perfetto accordo, sono gli speculatori stranieri (edilizi e turistici), quelli economici e finanziari e, buoni ultimi ma non per importanza, i Capoverdiani che, in una maniera più o meno legittima ma quasi mai etica, sono riusciti ad uscire dalla grande massa dei diseredati. In una parola i Branku!


Esercitazioni di guerra a Capo Verde

Steadsfast Jaguar 2006 - Esercitazione NATO (01/06/2006 - 12/07/2006)

Maggio 2006, Capo Verde

A meno che non siate appassionati di "giochi di guerra" o che non crediate davvero che la guerra sia la soluzione ai problemi dell'umanità,
vi consigliamo di restare lontano da Capo Verde nel mese di giugno e nella prima metà del mese di luglio di quest'anno. In teoria resteranno escluse dall'esercitazione solo le isole di Boavista, Maio e Brava, ma (ricordate Ustica?!) è molto meglio non trovarsi su un aereo in volo, nei paraggi, durante quel periodo. Inoltre non sarà proprio esaltante dover dividere le strutture alberghiere e turistiche con militari non certo inclini alle buone maniere e che, nell'occasione, dovranno "simulare" comportamenti guerrieri.

Da notizie apparse sui maggiori giornali capoverdiani e sui loro siti telematici, che riferiscono soprattutto una lunga intervista rilasciata dal Ministro della Difesa di Capo Verde e le dichiarazioni dei vari responsabili NATO dell'operazione, apprendiamo che:

- "...il Comando Generale delle Forze Armate della Nato sarà localizzato nella città di Mindelo (S.Vicente)."

- "...l'esercitazione decorrerà tra giugno e luglio del 2006, nelle isole di S.Vicente, Santo Antao, Sal, Santiago e Fogo..."

- "...il grosso dell'esercitazione avrà luogo durante le prime settimane di giugno, con l'arrivo delle forze provenienti dai vari paesi della Nato, Europa, e USA. La seconda fase, che va dal 14 al 28 giugno consiste nell'esercitazione propriamente detta. L'ultima concernerà il ritorno delle forze militari alla loro base di origine ed avrà luogo dal 28 di giugno al 12 di luglio."

- "...le isole di Santo Antao e S. Vicente che oltre a servire la logistica, accoglieranno le esercitazioni che abbracciano le componenti terra, mare ed aria. A Fogo saranno sviluppate azioni nell'area dell'evacuazione umanitaria. A Santiago avranno essenzialmente luogo attività di comunicazione e coordinazione diretta con le autorità governative e militari. L'isola di Sal, dove si trova l'Aeroporto Internazionale, funzionerà come base per accogliere le aeronavi. Ci sarà il sorvolo dei mari, il movimento delle aeronavi e il trasporto fra le isole dei circa seimila soldati che partecipano a questa operazione."

- "...l'esercitazione propriamente detta avrà luogo tra il 15 e il 28 di giugno. I nostri aerei militari avranno base a Sal, e avremo unità terrestri che opereranno a S.Vicente e Santo Antao, oltre alle forze navali le cui esercitazioni avverranno nelle acque capoverdiane tra Sal, S.Vicente e Santo Antao. ...Specificatamente in S.Vicente, oltre ad un contingente di 1200 uomini, su un totale di 7000 in tutto il Paese, la Nato avrà una base logistica, dove stazioneranno tutte le unità che supporteranno l'esercitazione, precisamente, tra altre, gli equipaggiamenti per il trasporto, i servizi medici, gli equipaggiamenti per la purificazione dell'acqua, ossia, tutto quello che serve per l'appoggio ai soldati. Una delle attività previste avverrà nell'isola di Fogo dove sarà portata a termine una "Operazione Umanitaria Portuale", secondo il portavoce della Nato, che ha indicato che si tratterà di "rispondere ad una richiesta di aiuto delle autorità capoverdiane per l'evacuazione della popolazione in un scenario di eruzione vulcanica", una operazione che non ha un "timing" stabilito per essere effettuata ma che dovrà avvenire "tra il 23 e il 27 di giugno".

Sinceramente non ci sentiamo di valutare (anche se crediamo non ce ne siano) gli aspetti positivi di una simile operazione.
Quelli negativi, sul turismo, sono evidenti. Chi si troverà in vacanza nel "posto sbagliato", in quei giorni, riporterà, di Capo Verde una ben strana immagine.

 

L'ora "illegale"

Aprile 2006, Capo Verde

Non amiamo i viaggi organizzati, i cosiddetti "tutto compreso". Per una vita abbiamo cercato di essere viaggiatori e non turisti. Abbiamo visto diminuire la professionalità nel settore turistico (come in altri), sparire le agenzie di viaggio gestite da chi, con passione, si adoperava per cercarvi un volo o per prenotarvi un albergo. Il viaggio è diventato solo un business e il viaggiatore è diventato merce.

Le caratteristiche del Paese visitato hanno perso di importanza a poco a poco e, con il "turismo di massa", sono sorti i Villaggi: tutti uguali in ogni parte del mondo, tutti con cucina uniforme e uniformata, tutti con "divertimenti" obbligati e obbligatori. I turisti, con nostra meraviglia, hanno anche accettato l'idea del "braccialetto" identificativo (rifiutato persino dai carcerati). Abbiamo visto intere economie, che avrebbero potuto prosperare sul turismo, bloccate da divieti e paure divulgati ad arte dai tour operator per far sì che il turista non esca dal dorato recinto del Villaggio Turistico.

Nel "terzo mondo", nei "paradisi tropicali" ed ora anche nel nostro nuovo Paese d'adozione (Capo Verde) abbiamo incontrato persone diventate improvvisamente, come per incanto, costruttori, ristoratori, albergatori (mestieri di cui non conoscevano nulla sino al giorno prima). Tutto "normale". Tutto vissuto in un'ottica di sfruttamento del turista che, non interessato al Paese che visita, sogna solo una spiaggia assolata di sabbia dorata. La Globalizzazione e il Mercato giustificano ogni scelta, ogni decisione.

Con l'età abbiamo imparato ad accettare anche questa situazione e, tra i tour operator, avevamo fatto un "distinguo" riuscendo ad individuare quelli (pochi) che univano all'inevitabile tornaconto, l'efficienza e il rispetto per l'ambiente. Forse abbiamo peccato di ottimismo.

La mancanza di sensibilità, di rispetto, potremmo dire, (per il Paese ospitante) di chi inventa un'ora legale particolare all'interno di un Villaggio Turistico ci sorprende e ci ruba un amaro sorriso. Sì. Perché chi alloggia nel più recente Megavillaggio di Boavista deve fare i conti con tre ore. Praticamente ha tre fusi orari da ricordare:

-l'ora Italiana con cui deve fare i conti quando telefonerà in Italia e quando prenderà il volo di ritorno:
-l'ora capoverdiana (due o tre ore prima secondo la stagione) che gli servirà quando vorrà chiamare un taxi o rapportarsi con la popolazione locale;
-e il Venta-Time: l'ora "legale" valida solo nel Villaggio (un'ora dopo l'ora capoverdiana).

Difficile capire le ragioni di un simile assurdo. Escludendo a priori una svista momentanea dei vertici del Gruppo andiamo alla ricerca di una spiegazione. Lo facciamo ponendoci alcune domande. Risparmio energetico? Necessità di adeguare i tempi e i ritmi dei turisti ad un programma? Semplice dimostrazione di una "esclusività" pretenziosa?

Mah… confessiamo che, una volta fatte le domande, non troviamo alcuna risposta plausibile ad una "invenzione" di questo tipo. Probabilmente invecchiamo… non siamo al passo coi tempi… non capiamo nulla del moderno marketing… il futuro ci appartiene sempre meno…


Sanità all'estero… ovvero…l'Ottimismo del Viaggiatore

Marzo 2006, Capo Verde

Se un qualsiasi viaggiatore o turista pensasse mai all'eventualità di ammalarsi in viaggio, non si muoverebbe di casa se non per andare in paesi "civilizzati" e con un buon sistema sanitario. Sono valutazioni che il turista medio, fortunatamente non fa, fidandosi delle, spesso menzognere o superficiali, assicurazioni dei tour operators circa l'assistenza in loco o, semplicemente, non ponendosi il problema. Queste considerazioni spiegano, in parte, perché la più bassa percentuale di viaggiatori, tra quelli che si recano nel terzo mondo, si possa trovare fra i medici e gli operatori sanitari. Forse somatizzano il loro sapere tramutandolo in paure.

Ma è ancora di Capo Verde che vogliamo parlarvi. Di questo paese che sta tentando di raggiungere standard elevati in tutti i campi tra cui non è escluso quello sanitario. La situazione attuale si può così riassumere:

Capo Verde non ha strutture sanitarie comparabili agli standard europei; tuttavia è altrettanto lontano da quelli africani. Gli unici due ospedali appena degni di questo nome sono a Praia (Santiago) e a Mindelo (S. Vicente). In tutte le altre isole esiste almeno un ambulatorio medico.

Due parole meritano i "consigli di viaggio":

-per i farmaci si consiglia di portare con sé quelli specifici di cui si sa di avere necessità. Quelli generici si trovano, quasi tutti, nelle farmacie. Può essere utile conoscere i principi attivi dei vari medicamenti generici in quanto spesso vengono prodotti in loco e hanno altri nomi.
- introvabili i medicinali omeopatici.
- nessuna vaccinazione è richiesta per chi arriva dall'Europa. Praticamente nullo il rischio di malaria. I passeggeri provenienti da Dakar (Senegal) dovranno, invece, avere il Certificato Internazionale di Vaccinazione contro la Febbre Gialla.
Come per ogni viaggio, è opportuna la copertura antitifica e antitetanica.

È quindi evidente che, allo stato attuale, la situazione, pur non essendo ottimale, può essere considerata migliore di quella di tutti gli altri paesi meta di vacanze "tropicali" od "esotiche". In futuro (nell'immediato futuro) migliorerà ulteriormente poiché Capo Verde si doterà di strutture sempre più aggiornate ed efficienti. Stanno iniziando i lavori per l'ospedale di Sal e una nuova leva di dottori locali (laureati a Cuba, in Portogallo e in Brasile) sta lentamente sostituendo e affiancando quelli di una Cooperazione che se qualcosa ha fatto di buono ha anche creato inutili "cattedrali nel deserto".

Valga per tutti l'esempio del più attrezzato ospedale di Capo Verde (a cui manca però la costante presenza dei medici) che la Cooperazione Italiana (Frati Cappuccini di Fossano) ha pensato bene di costruire sull'isola di Fogo, che conta circa quarantamila abitanti, ed è praticamente inutilizzabile per tutti gli altri abitanti dell'arcipelago (quattrocentomila). Così va il mondo della Cooperazione. Progetti fatti a tavolino e a chilometri di distanza dal paese che ne dovrebbe beneficiare… ma questo è un altro discorso…

Lo riprenderemo prossimamente.

 

Il miglior clima del mondo?

Febbraio 2006, Capo Verde

Media mensile in gradi centigradi
Mese Aria Mare
Gennaio 24 22
Febbraio 24 22
Marzo 25 22
Aprile 26 23
Maggio 26 23
Giugno 26 23
Luglio 28 25
Agosto 28 25
Settembre 28 25
Ottobre 27 24
Novembre 26 24
Dicembre 24 22

Se chiedete a un Capoverdiano quali sono le ricchezze di Capo Verde vi risponderà: "Il clima e la pace". In effetti, se è vero che nessuna guerra ha mai toccato questo arcipelago, è anche vero che il clima di Capo Verde è, semplicemente meraviglioso.

Ciò è dovuto principalmente alla ridotta umidità dell'aria che varia tra il 20% e il 60%. Troverete una mistura di temperature tropicali e clima desertico che l'influenza marina riesce a sposare in maniera del tutto armoniosa. La possibilità di fare bagni in mare, in relazione alle temperature dell'aria e dell'acqua, dura l'intero anno. La differenza tra inverno ed estate è data unicamente dall'escursione termica tra giorno e notte (d'estate il termometro scende, di notte, anche a 23 gradi, d'inverno anche a 21 (in qualche isola, eccezionalmente, a 18).

Il vento non ha stagionalità. In pratica, non esiste una stagione più ventosa e una meno ventosa. Un'isola non è altro che un'imbarcazione (fortunatamente, un po' più solida) in mezzo all'oceano. Quindi il vento c'è ma è spesso una brezza, come nelle isole e nelle zone costiere in Italia; a volte è più forte ma non è mai costante. Nelle isole senza rilievi, a volte, è più intenso ma, praticamente, mai freddo. Spesso, è indispensabile per rendere sopportabile il sole, nelle ore diurne. Gli alisei, che soffiano sempre e costantemente da nord est, a volte in inverno, passando più a sud, arrivano direttamente da est e, transitando sul Sahara, si caricano di aria calda e pulviscolo. Qualcuno più semplicisticamente dice che l'aliseo si unisce all'Harmattan. E' il fenomeno che i Capoverdiani chiamano "bruma seca" (una sorta di nebbiolina priva di umidità).

Per la scelta del periodo in cui effettuare un viaggio, il clima è, in pratica, ininfluente. Siamo lontani dai tempi in cui Manuel Lopes* descriveva l'arrivo delle piogge (dette Azaguas in kriolu) in questa maniera:

"…fronte contro fronte, come nemici fratelli, il monsone umido cede terreno alla spinta eccessiva dell'aliseo del nord. Solo quando questo si placa o dimentica il suo compito di pulire il cielo, cosa molto rara, solo allora l'umidità arriva dall'Atlantico del sud, invade l'atmosfera con la cautela di chi arriva dalla porta secondaria: arrivano le nuvole, si accastellano, si fanno pesanti, oscurano il sole. Negli strati superiori le gocce cominciano a gelare, i grani di gelo si ingrossano, perdono equilibrio, sono attratti dalla terra, cadono le prime gocce d'acqua, a volte nel mezzo di un turbinare di vento…"

Oggi, la vittoria del monsone è sempre più rara.

Trovandosi nella fascia tropicale nord, Capo Verde, ha, in teoria, una stagione secca (da ottobre a maggio) e una delle piogge (da giugno a settembre). Solo in teoria però, poiché a Capo Verde piove pochissimo (magari piovesse... dicono i Capoverdiani).

*la citazione di M. Lopes è tratta da: Hora di Bai - A. Sobrero - Argo - Lecce 1996

 

La Donna Capoverdiana

Gennaio 2006, Capo Verde

Inizia un nuovo anno. Anche questo sarà difficile per la gente del "terzo mondo", sempre più dimenticato, sempre più lasciato a sé stesso… In qualche paese però, qualcosa si muove. Una metà della popolazione, le Donne, sinora ridotte a comparse, prende coscienza della propria importanza e del proprio potere. Dei propri diritti. In Liberia una donna è stata eletta presidente, qualche paese islamico tradizionale ha concesso loro il diritto di voto… veramente, forse, qualcosa sta cambiando…

Ma è della Donna Capoverdiana che vogliamo parlare, ben sapendo che la situazione è analoga (o identica) in centinaia di altri paesi definiti eufemisticamente "in via di sviluppo". Capo Verde, al turista e al visitatore frettoloso, sembra, di giorno, un paese di solo donne. Le trova nei mercati, venditrici e acquirenti, per le strade, a far la coda alle fontane pubbliche, a portare smisurati pesi sulla testa, ad accudire i figli ed i vecchi. Si occupano di tutto. Sono loro il vero perno della società e della famiglia.

Una famiglia invero strana. Formata, quasi sempre, da donne. La nonna, la zia, la mamma e i figli. A volte si aggiunge anche un vecchio, spesso malandato o non autosufficiente. Sono "famiglie" che si formano in una maniera che, ad occhi occidentali, sembra alquanto anomala.

Quasi mai il rapporto tra uomo e donna ha un seguito codificato da un'unione di tipo religioso o civile. Una donna ha un "'namoradu" con cui, spesso, mette, felicemente, al mondo un figlio che viene accolto nella famiglia della mamma. È raro, anche se succede, che un'unione dia origine ad un nuovo nucleo famigliare (anche solo "di fatto"). È così che nella vita dei giovani, di entrambi i sessi, gli "'namoradu" si susseguono lasciando una scia di figli. Una situazione che, da un punto di vista occidentale, giudicheremmo caotica ed intollerabile. I padri, che con la famiglia della donna non hanno, quasi mai, legami, contribuiscono al mantenimento dei figli secondo coscienza (e questo tipo di coscienza è decisamente raro).

È qui che la donna capoverdiana rivela la sua eccezionalità. Da sola si assume il peso di tutto il nucleo famigliare. Si inventa un lavoro: va a vendere per le strade, ai margini dei mercati, divide e amministra le magre risorse e riesce quasi sempre a rimediare un paio di pasti al giorno per tutti. Quando non ce la fa proprio più, cerca la strada dell'emigrazione ma, anche allora, non dimentica chi è rimasto a casa e continua a mandare soldi e mercanzia che assicurano la sopravvivenza dei figli e degli anziani.

E gli uomini? Chiederete voi!

Senza voler generalizzare, il panorama è veramente squallido. L'uomo appare completamente deresponsabilizzato rispetto alla famiglia e alla società in generale. Tra gli appartenenti al sesso maschile il tasso di alcolismo è molto elevato (tanto più grave considerando che l'età media della popolazione capoverdiana è di ventotto anni). L'emigrazione, che ha subito un rallentamento negli ultimi anni, ormai sembra riservata unicamente a chi può permettersi di ottenerla per vie traverse. Sta di fatto che le rimesse degli emigrati, anche quelle, sono, per lo più di matrice femminile.

Eppure, questo tipo di società (incomprensibile per molti) funziona. Ha le sue regole e non crea più problemi di quelli che derivano da una separazione legale o da un divorzio. Il figlio non è mai di enneenne o peggio un "bastardo", è sempre il figlio della Tale e del Talaltro. Che poi i genitori non stiano assieme è quasi un dettaglio, è… "normale"…

Sarebbe, a questo punto, necessaria una riflessione. E dopo la riflessione bisognerebbe trarre delle conclusioni. Dopo le conclusioni portare dei suggerimenti e proporre soluzioni… Confessiamo di non essere in grado di farlo. Preferiamo accettare questo nuovo "modello" senza avere la presunzione di proporre cambiamenti che potrebbero peggiorare equilibri stabiliti negli anni.

Una considerazione ci sentiamo, comunque, di farla: la Donna Capoverdiana nel confronto con l'uomo capoverdiano esce sicuramente vincente. È un Gigante al confronto di un nano.

 

A&A (mail: [email protected])

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