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A cura di Rui Martinho - Trad. Gabriella Minisini

Intervista con Jean-Yves Loude

Antropologo e scrittore francese, autore del libro "Lisboa, na Cidade Negra"

Jean-Yves LoudeL'antropologo e scrittore francese Jean-Yves Loude, autore di Lisboa, na Cidade Negra, ha dedicato un'attenzione particolare all'Africa. Ha scritto Dialogos em Preto e Branco insieme allo scrittore camerunense Kum'a Ndumbe III. Ha lavorato nel cinema come soggettista del regista tunisino Fitouri Belhiba. Sui PALOP ha scritto Cabo Verde, Notas Atlânticas, frutto di una conoscenza profonda del Paese, dove ha effettuato anche una raccolta di musica tradizionale, su richiesta del Ministero della Cultura, completando il totale di 130 ore, custodite negli Arquivos Historicos della città di Praia. Questa estate ha partecipato all'Africa Festival 2007, nella capitale portoghese dove ha presentato il suo libro su Lisboa Negra. In autunno sarà edito dalla casa editrice francese Actes Sud, un'opera su S. Tomé e Principe, Golpe de Teatro em S. Tomé, con disegni di Alain Courbel, con un'edizione anche in Portogallo.

D: Nel suo libro "Lisboa, na Cidade Negra" fa a vari membri della comunità africana una domanda che le rivolgo. Lisbona è una città africana?
R: Dobbiamo diffidare di formule troppo bonarie. No, Lisbona non è una "città africana", ma l'Africa fa parte di Lisbona. Mi piace dire che Lisboa, na Cidade Negra, può essere, per chi lo vuole, un viaggio verso l'Africa sulle rive del Tejo. E' stata l'evidente visibilità cromatica dell'Africa nella Lisbona dei nostri giorni che ha destato la mia attenzione. Facevo ricerche su Capo Verde a Lisbona e i miei amici, la maggior parte capoverdiani , orientarono la mia attenzione verso una presenza africana molto più antica dell'ondata di immigrazione della seconda metà del xx secolo: una presenza con cinque secoli, legata all'uso permanente di schiavi per effettuare i lavori più duri della vita quotidiana nella capitale. Questo, dal 1445. Lisbona diventò così, nel corso dei secoli, una città "abitata dall'Africa". (…) E come dice il mio libro, e tutti i ricercatori prima di me, questa presenza ha influenzato inevitabilmente la costruzione dell'identità lisboeta, poichè si sa che i neri partecipavano in tutte le attività, lavorative e ludiche. Questa specificità di Lisbona - anche se altri porti europei ricorsero in una proporzione minore alla mano d'opera schiava negra - conferisce un ambiente molto particolare alla città di oggi che gli africani nuovi arrivati riconoscono come il più adatto al suo stile di vita.

D: Il narratore cerca una figura fuggitiva, che si trasforma costantemente: Maria Fantasma, Maria Ribelle, Maria Enigma. Che cosa rappresenta questa figura?
R: Dopo aver letto numerosi lavori scientifici dedicati alla presenza silenziosa dei neri a Lisbona nel corso dei secoli, mi resi conto che ancora il tema continua a essere sconosciuto al grande pubblico. A che serve la ricerca universitaria se non si riesce a far evolvere le mentalità e ridurre il peso dei preconcetti? Io stesso sono un etnologo e decisi di presentare al pubblico i risultati della mia disciplina scientifica, incrociandola con la letteratura. Fu così che i miei rapporti di viaggio, pubblicati dall'editrice francese Actes Sud, diventarono una specie di indagini poliziesche, i cui cadaveri sono le memorie assassinate. Lisboa, na Cidade Negra è un esempio di questo tipo di romanzo. Introduco aspetto funzionale non molto lontano dalla mia propria esperienza. L'eroe potrei essere io stesso, ma in una situazione inventata: un uomo, uno straniero, parte per Lisbona in cerca di una donna, una conduttrice radiofonica nera che abbandonò lo studio di registrazione di un metodo di apprendimento della lingua portoghese dopo il rifiuto dell'editore di registrare una lezione sulla presenza dei neri a Lisbona, conseguenza maggiore delle Scoperte Portoghesi . (…) E' evidente che Maria, il mio personaggio, doveva avere una personalità forte, ribelle, appassionata, intransigente, senza concessioni…Un'anima ferita, assolutamente decisa a intraprendere una lotta perenne contro l'ignoranza e la perdita della coscienza. E' lì che si colloca il ruolo degli artisti e degli intellettuali. E' necessario che il nostro mondo futile ricordi. Maria è per me il simbolo di questa resistenza, di questa esigenza del dovere ottimista della memoria che la nostra società dello spettacolo mondiale, industria della stupidaggine, si ostina a limitare.

D: Nel XVI secolo il 10% della popolazione di Lisbona era costituito da schiavi africani, cosa è accaduto a queste persone?
R: Come spiego nel mio libro, la presenza dei neri a Lisbona diminuì durante il XIX secolo fino alla sua quasi scomparsa all'inizio del XX secolo. Fenomeno strano quando si conosce la sua importanza numerica nell'insieme della popolazione nei secoli precedenti. I differenti ricercatori non danno nessuna spiegazione chiara. Le cause sembrano essere molteplici. Le leggi del marchese De Pombal vietarono, a partire dalla fine del XVII secolo, nuove importazioni di schiavi negri per Lisbona, con il fine di deviare il traffico verso il Brasile, in assenza, in quel periodo, di mano d'opera nelle piantagioni. L'interruzione di questo flusso umano costituì una delle prime cause. Questo provvedimento si giustificava dal timore dei redenti verso la società portoghese. Al contrario degli schiavi, questi non avevano né utilità né statuto. Finivano spesso nella delinquenza. E' registrato un elevato numero di redenti deceduti nelle prigioni. Molti di loro morirono senza lasciare discendenza. Gli schiavi o i redenti considerati malviventi, disobbedienti o incontrollabili, venivano mandati in Brasile. Un marchio in più nella comunità nera di Lisbona. Ma un'altra ragione, questa inconfessata, mal accettata, è stato il meticciato. Sappiamo, per numerose testimonianze quanto il meticciato era considerato vergognoso. I Paesi vicino non si astenevano dal criticare la società portoghese per la tendenza ' disastrosa ' a mischiare il sangue, sinonimo di imbastardimento. E gli stessi portoghesi denunciarono la pratica e instaurarono un esame per la purezza del sangue per il concorso a posti nella funzione pubblica. Ma invano. E' inevitabile arrenderci alle evidenze: se la visibilità dei neri diminuì nella svolta tra il XIX secolo e il XX secolo, una delle ragioni è la diluizione della popolazione nera con la popolazione europea. Il caso della città di Alcacer do Sal, famoso per i suoi evidenti incroci, non è tanto isolato come a volte si pensa.

D: I neri lavorarono nelle attività di navigazione e esercitarono attività come imbianchini, acquaioli, venditori di pesce. In quali condizioni le esercitavano?
R: Gli schiavi negri lavoravano per i loro signori, ai quali davano il salario quotidiano, restando appena con una parte infima. Alcuni signori affittavano i propri schiavi al giorno, alla settimana o al mese. L'affittare era considerata un'attività molto redditizia. Gli schiavi circolavano per le strade, con l'unico obbiettivo di rendere al massimo il loro lavoro, per il guadagno del loro signore o di chi li affittava. Erano normalmente considerati docili e obbedienti, poiché vivevano, soprattutto all'inizio di questo sistema, sotto minaccia continua dell'invio per le fonderie o per le miniere, considerate come un castigo. C'erano inoltre, varie forme di punizioni a disposizione dei signori che desideravano punire uno schiavo insolente o fuggitivo. Per esempio la tortura del "pingo quente". Piccoli annunci erano pubblicati per aiutare alla cattura di uno schiavo che fosse fuggito dalla casa del padrone. Gli schiavi economizzavano tutto quello che potevano, spesso a discapito della alimentazione e della salute, in modo da mettere insieme la somma necessaria per la loro libertà o per la liberazione dei membri più vicini della famiglia. Molto spesso, i loro sforzi finivano per ucciderli prima di riuscire a raggiungere il loro obbiettivo. Il problema dell'affrancamento, per la società portoghese risiedeva nella perdita di interesse economico di un redente che, spesso, era incapace di trovare lavoro e diventava un emarginato temuto. Fino al XIX secolo, i neri di Lisbona, tanto lo schiavo come il redento continuavano a svolgere le funzioni di imbianchini o venditori, soprattutto di pesce, cozze, vongole ….

D: Recentemente ha partecipato, a Lisbona, all'Africa Festival. Qual è la sua percezione della produzione artistica e dell'associazionismo nella comunità afro portoghese?
R: Ho provato un'intensa felicità a partecipare all'Africa Festival di Lisbona. Ho il dovere di rendere un sincero e vivo omaggio a Paula Nascimento, programmatrice e responsabile del Festival. Ecco qualcuno che ha costruito il futuro restituendo la visibilità alle comunità africane di Lisbona, offrendogli spettacoli pieni di vitalità, provenienti da tutto il continente africano, e non solo dai Paesi africani di lingua portoghese, con il rilievo che meritano. Con Africa Festival Lisbona fa finalmente il passo che era indispensabile perché tutti i suoi abitanti si riconoscano nella città. Il fatto di associare un libro, Lisboa, na cidade negra ad un evento dedicato alla musica e al cinema è stata un'iniziativa coraggiosa. Paula Nascimento ci ha trovato una corrispondenza. Infatti, nel libro ho dato la parola agli attori neri della città, chiedendogli di esprimere i loro sentimenti in relazione a Lisbona. Volevo captare "lo sguardo dei nuovi scopritori", in modo da equilibrare la testimonianza degli europei sul mondo. Sì, quelli che furono dominati per secoli dagli europei hanno un'attenzione sui paesi da dove parte questo dominio. Giudicano i valori morali, i costumi, le tradizioni. Desideravo, nel mio libro, dare la parola a quelli che normalmente ne sono privati. E condividere il mio piacere per la scoperta di espressioni artistiche provenienti da questa parte della società lisboeta: ballerini, pittori, musicisti, attori, che portano lo loro specificità angolana, mozambicana, guinense, sao tomense e, chiaro capoverdiana. Vorrei che i lisbonesi si rendessero conto del privilegio che hanno. E' innegabile che le notti di Lisbona non sarebbero le stesse senza l'Africa. Nel frattempo, è necessario non limitare la partecipazione degli africani allo sport e alla danza. Gli africani partecipano in un insieme di attività non artistiche, dimenticate dai media, che includono, da molto tempo, gli operai di costruzioni civili, ma anche i veterinari, i medici, il giornalismo e la ricerca, etc… Quando è che i media si renderanno conto del destino brillante dei suoi figli di periferia, in tutti i campi, conquistato con sforzo invece di lamentare la minoranza di malviventi condannati all'odio e alla rabbia. Si, quando?

D: Conosce bene Capo- Verde, Paese nel quale ha realizzato vari studi. Come vede l'integrazione della comunità in Portogallo?
R: Secondo i capoverdiani che vivono nella capitale, Lisbona è l'undicesima isola dell'arcipelago. I capoverdiani integrarono Lisbona nella loro cultura, cantandola in mornas e coladeiras. E' stato dedicato anche un cd a questa espressione particolare. Non ho fatto e nemmeno volevo fare del libro un'inchiesta sociologica. Queste già ci sono. La "Casa - Mae" della comunità capoverdiana di Lisbona è in condizione di fornire tutte le risposte alla questione dell'integrazione. Ho tradotto le testimonianze degli emigranti all'arrivo, la delusione delle donne di fronte all’idea di dover vivere in luoghi che sono quasi delle baracche, la difficoltà di trovare uno spazio proprio e la soddisfazione di arrivare finalmente ad averlo, dopo una lotta durissima. Nell' evocare i film fatti su questo argomento, affronto il grave sentimento di disorientamento dei giovani capoverdiani della seconda generazione di emigrazione, nati in Portogallo, ma vivendo con un sentimento di svalutazione, di non essere ne del Portogallo e nemmeno di Capo Verde, parlando creolo in casa, soffrendo insuccesso dopo insuccesso, prima nella scuola e poi nella società. L'intervista con il General D illustra bene questo stato d'animo, anche se le sue origini sono mozambicane. Come ho fatto a Capo- Verde per circa una decade, scrivendo libri e incidendo dischi, cerco di mostrare il valore in quanto patrimonio dell'umanità,di culture poco conosciute, e che tuttavia meritano di essere conosciute. Ho cercato di riprodurre questo tipo di lavoro a Lisbona, avendo come punto di partenza la constatazione ottimista della vitalità culturale africana, e particolarmente capoverdiana, oltre a registrare la mancanza di risposte istituzionali al problema reale dell'integrazione dei giovani dei sobborghi. Lisboa na cidade negra rimane una narrativa letteraria, un " romanzo di investigazione ", e difendo questo genere letterariocome un modo per toccare le coscienze.

(Pubblicato con il gentile permesso di INPUK)

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